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382 DELL’ASINO D’ORO.

E mi parea veder intorno morte
     Con la sua falce, e d’un color dipinta,
     33Che si dipinge ciascun suo consorte.
L’aria di folta, e grossa nebbia tinta,
     La via di sassi, bronchi, e sterpi piena,
     36Avean la virtù mia prostrata, e vinta.
Ad un troncon m’er’io appoggiato a pena,
     Quando una luce subito m’apparve
     39Non altrimenti che quando balena.
Ma come il balenar già non disparve;
     Anzi crescendo, e venendomi presso,
     42Sempre maggiore, e più chiara mi parve.
Aveva io fisso in quella l’occhio messo,
     E intorno a essa un mormorio sentivo
     45D’un frascheggiar, che le veniva appresso.
Io era quasi d’ogni senso privo,
     E spaventato a quella novitate
     48Teneva volto il volto a chi io sentivo.
Quando una donna piena di beltate,
     Ma fresca, e frasca mi si dimostrava
     51Con le sue trecce bionde, e scapigliate.
Con la sinistra un gran lume portava
     Per la foresta, e dalla destra mano
     54Teneva un corno, con ch’essa sonava.
Intorno a lei per lo solingo piano
     Erano innumerabili animali,
     57Che dietro le venian di mano in mano;
Orsi, Lupi, e Leon fieri, e bestiali,
     E Cervi, e Tassi, e con molt’altre fiere,
     60Uno infinito numer di Cinghiali,
Questo mi fece molto più temere;
     E fuggito sarei pallido, e smorto,
     63S’aggiunto fosse alla voglia il potere.