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364 DECENNALE PRIMO.

Ma come fu questa novella intesa,
     Par che l’Orso e il Vitel non si contenti
     387Di voler esser seco a tale offesa.
E, rivolti fra lor, questi serpenti
     Di velen pien, cominciar a ghermirsi,
     390E con gli ugnioni a stracciarsi e co’ denti.
E mal potendo el Valentin fuggirsi,
     Gli bisognò, per ischifare il rischio,
     393Con lo scudo di Francia ricoprirsi.
E per pigliare i suoi nemici al vischio,
     Fischiò soavemente; e per ridurli
     396Ne la sua tana, questo bavalischio.
Nè molto tempo perse nel condurli,
     Che il traditor di Fermo, e Vitellozzo,
     399E quelli Orsin, che sì nimici furli,
Ne le sue insidie presto dier di cozzo;
     Dove l’Orso lasciò più d’una zampa,
     402Ed al Vitel fu l’altro corno mozzo.
Sentì Perugia e Siena ancor la vampa
     Dell’Idra, e ciaschedun di quei tiranni
     405Fuggendo innanzi a la sua furia scampa.
Nè il cardinal Orsin potè li affanni
     De la sua casa misera fuggire,
     408Ma restò morto sotto mille inganni.
In questi tempi i Galli pien d’ardire
     Contro gl’Ispani voltaron le punte,
     411Volendoiel Regno a lor modo partire.
E le genti inimiche avien consunte,
     E del Reame occupato ogni cosa,
     414Non essendo altre forze sopraggiunte.
Ma, divenuta forte e poderosa
     La parte ispana, fe’ del sangue avverso
     417La Puglia, e la Calavria sanguinosa.