Trasse il Vitel d’Arezzo i suoi vestigi,
E ’l duca in Asti si fu presentato 354Per giustificar se col Re Luigi.
Non saria tanto ajuto a tempo stato;
Se non fusse la industria di colui, 357Che allora governava il vostro stato,
Forse che venevate in forza altrui;
Perchè quattro mortal ferite avevi, 360Che tre ne fur sanate da costui.
Pistoja in parte ribellar vedevi
E di confusion Firenze pregna, 363E Pisa, e Valdichiana non tenevi.
Costui la scala a la suprema insegna
Pose, su per la qual condotta fusse, 366S’anima c’era di salirvi degna.
Costui Pistoja in gran pace ridusse;
Costui Arezzo, e tutta Valdichiana 369Sotto l’antico giogo ricondusse.
La quarta piaga non potè far sana
Di questo corpo, perchè nel guarillo 372S’oppose il tempo a sì felice mana.
Venuto adunque il giorno sì tranquillo,
Nel qual il popol vostro fatto audace 375Il portator creò del suo vessillo
Nè fur d’un cerchio due corna capace,
Acciocchè sopra la lor soda petra 378Potesse edificar la vostra pace.
E se alcun da tal ordine s’arretra
Per alcuna cagion, esser potrebbe 381Di questo mondo non buon geometra.
Poscia che ’l Valentin purgato s’ebbe,
E ritornato in Romagna, la impresa 384Contro a messer Giovanni far vorrebbe.