Eri senz’arme, e ’n gran timore stavi
Pel corno ch’al Vitello era rimaso, 321E dell’Orso e del Papa dubitavi.
E parendovi pur viver a caso,
E dubitando non esser difesi, 324Se vi avveniva qualche avverso caso;
Dopo ’l voltar di molti giorni, e mesi,
Non sanza grande spendio fuste ancora 327In sua protezion da Francia presi.
Sotto il cui caldo vi pensasti allora
Posser torre a’ Pisan le biade in erba, 330E le vostre bandiere mandar fuora.
Ma Vitellozzo, e sua gente superba
Sendo contra di voi di sdegno pieno 333Per la ferita del fratello acerba,
Al Cavallo sfrenato ruppe il freno
Per tradimento, e Valdichiana tutta 336Vi tolse, e l’altre terre in un baleno.
La guerra, che Firenze avea distrutta,
E la confusion de’ Cittadini 339Vi fe questa ferita tanto brutta.
E da cotante ingiurie de’ vicini
Per liberarvi, e da sì crudo assalto, 342Chiamasti i Galli ne’ vostri confini.
E perchè ’l Valentin avea fatt’alto
Con sue genti a Nocera, e quindi preso 345Il Ducato d’Urbin sol con un salto,
Stavi col cuor e con l’almo sospeso,
Che col Vitello e’ non si raccozzassi, 348E con quel fusse a’ vostri danni sceso.
Quando a l’un comandò, che si fermassi
Pe’ vostri prieghi, il Re di San Dionigi, 351A l’altro furo i suoi disegni cassi.