si botava d’udire quaranta mattine la prima messa de’ Servi, che impregnerebbe, la si botò, ed andovvi forse venti mattine. Ben sapete che un di que’ fratacchioni le cominciò andare dattorno, in modo che la non vi volle più tornare. Egli è pure male però che quegli che ci arebbono a dare buoni esempj sien fatti così. Non dich’io il vero?
- Ligurio
- Come diavolo, se egli è vero!
- Nicia
- Da quel tempo in qua ella sta in orecchi come la lepre; e, come se le dice nulla, ella vi fa dentro mille difficultà.
- Ligurio
- Io non mi maraviglio più. Ma, quel boto, come si adempié?
- Nicia
- Fecesi dispensare.
- Ligurio
- Sta bene. Ma datemi, se voi avete, venticinque ducati, ché bisogna, in questi casi, spendere, e farsi amico el frate presto, e darli speranza di meglio.
- Nicia
- Pigliagli pure; questo non mi dà briga, io farò masserizia altrove.
- Ligurio
- Questi frati sono trincati, astuti; ed è ragionevole, perché e’ sanno e peccati nostri, e loro, e chi non è pratico con essi potrebbe ingannarsi e non gli sapere condurre a suo proposito. Pertanto io non vorrei che voi nel parlare guastassi ogni cosa, perché un vostro pari, che sta tuttodì nello studio, s’intende di quelli libri, e delle cose del mondo non sa ragionare. (Costui è sì sciocco, che io ho paura non guastassi ogni cosa).
- Nicia
- Dimmi quel che tu vuoi ch’io faccia.
- Ligurio
- Che voi lasciate parlare a me, e non parliate mai, s’io non vi accenno.
- Nicia
- Io son contento. Che cenno farai tu?
- Ligurio
- Chiuderò un occhio; mordendomi il labbro. Deh!