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atto secondo. | 167 |
- Callimaco
- Siro va con lui; e se vi pare, messere, tornate quì subito, e penseremo a qualche cosa di buono.
- Nicia
- Come! se mi pare? Io tornerò qui in uno stante, che ho più fede in voi che gli Ungheri nelle spalle.
SCENA TERZA.
- Nicia
- Questo tuo padrone è un gran valente uomo.
- Siro
- Più che voi non dite.
- Nicia
- El re di Francia ne de’ far conto.
- Siro
- Assai.
- Nicia
- E per questa ragione e’ debbe stare volentieri in Francia.
- Siro
- Così credo.
- Nicia
- E’ fa molto bene. In questa terra non ci è se non cacastecchi, non ci si apprezza virtù alcuna. S’egli stessi qua, non ci sarebbe uomo che lo guardassi in viso. Io ne so ragionare, che ho cacato le curatelle per imparare dua hac: e se io ne avessi a vivere, io starei fresco, ti so dire!
- Siro
- Guadagnate voi l’anno cento ducati?
- Nicia
- Non cento lire, non cento grossi, o va’! E questo è che, chi non ha lo stato in questa terra, de’ nostri pari, non truova can che gli abbai; e non siamo buoni ad altro che andare a’ mortori o alle ragunate d’un mogliazzo, o a starci tutto dì in sulla panca del Proconsolo a donzellarci Ma io ne li disgrazio, io non ho bisogno di persona; così stessi chi sta peggio di me. Non vorrei però che le fusseno mia parole, che io arei di fatto qualche balzello o qualche porro di dietro, che mi farebbe sudare.
- Siro
- Non dubitate.
- Nicia
- Noi siamo a casa, Aspettami quì: io tornerò ora.
- Siro
- Andate.