mo di Firenze; l’altra, la voglia che lui e lei hanno di avere figliuoli, che, sendo stata sei anni a marito e non avendo ancor fatti, ne hanno, sendo ricchissimi, un desiderio che muoiono. Una terza ci è, che la sua madre è suta buona compagna, ma la è ricca, tale che io non so come governarmene.
- Siro
- Avete voi per questo tentato per ancora cosa alcuna?
- Callimaco
- Sì ho, ma piccola cosa.
- Siro
- Come?
- Callimaco
- Tu conosci Ligurio, che viene continuamente a mangiar meco. Costui fu già sensale di matrimoni, dipoi s’è dato a mendicare cene e desinari e perchè gli è piacevole uomo, messer Nicia tien con lui una stretta dimestichezza, e Ligurio l’uccella; e benchè nol meni a mangiare seco, li presta alle volte danari. Io me lo son fatto amico, e gli ho comunicato el mio amore, lui m’ha promesso d’aiutarmi con le mane e co’ piè.
- Siro
- Guardate e’ non v’inganni: questi pappatori non sogliono avere molta fede.
- Callimaco
- Egli è il vero. Nondimeno, quando una cosa fa per uno, si ha a credere, quando tu gliene communichi, che ti serva con fede. Io gli ho promesso, quando e’ riesca, donarli buona somma di danari; quando non riesca, ne spicca un desinare ed una cena, chè ad ogni modo non mangerei solo.
- Siro
- Che ha egli promesso insino a qui, di fare?
- Callimaco
- Ha promesso di persuadere a messer Nicia che vada con la sua donna al bagno in questo maggio.
- Siro
- Che è a voi cotesto?
- Callimaco
- Che è a me! Potrebbe quel luogo farla diventare d’un’altra natura, perchè in simili lati non si fa se non festeggiare. E io me n’andrei là, e vi condurrei di tutte quelle ragion’ piaceri che io potessi, nè lascerei indietro alcuna parte