era certa cosa, che per lo addietro aveva guarita qualche indemoniata, ma che non era per questo, ch’egli sapesse, o potesse guarire tutti; perchè se ne trovavano di sì perfida natura, che non temono nè minacci, nè incanti, nè alcuna Religione; ma con tutto questo era per fare suo debito e, non gli riuscendo, ne domandava scusa e perdono. Al quale il Re turbato disse, che se non la guariva, che lo appenderebbe. Sentì per questo Gio. Matteo dolor grande; pure, fatto buon cuore fece venire l’indemoniata, e accostatosi all’orecchio di quella umilmente si raccomandò a Roderigo, ricordandogli il benificio fattogli, e di quanta ingratitudine sarebbe esempio, se lo abbandonasse in tanta necessità. Al quale Roderigo disse: Deh! villan traditore, sì che tu hai ardire di venirmi innanzi? Credi tu poterti vantare d’essere arricchito per le mia mani? Io voglio mostrar a te ed a ciascuno, come io so dare e torre ogni cosa a mia posta; e innanzi che tu ti parta di quì, io ti farò impiccare in ogni modo. Donde che Gio. Matteo non veggendo per allora rimedio, pensò di tentare la sua fortuna per un’altra via, e fatto andar via la spiritata, disse al Re: Sire, come io v’ho detto, e’ ci sono di molti spiriti che sono sì maligni che con loro non si ha alcuno buono partito, e questo è un di quegli. Pertanto io voglio fare un’ultima sperienza; la quale se gioverà, la V. M. ed io aremo la intenzione nostra; quando non giovi, io sarò nelle tua forze e avrai di me quella compassione che merita la innocentia mia. Farai pertanto fare in su la piaza di Nostra Dama un palco grande e capace di tutti i tuoi baroni e di tutto il crero di questa città; farai parare il palco di drappi di seta e d’oro; fabbricherai nel mezzo di quello uno altare; e voglio che Domenica mattina prossima tu col clero, insieme con tutti i tuoi Principi e Baroni, con la real pompa, con splendidi e ricchi abbigliamenti, convegnate sopra quel-