scerne in tutto la verità. Chiamatigli adunque a concilio, parlò Plutone in questa sentenza: Ancor che io, dilettissimi miei, per celeste disposizione, e per fatal sorte al tutto irrevocabile possegga questo regno, e che per questo io non possa essere obbligato ad alcuno giudizio, o celeste, o mondano, nondimeno perch’egli è maggiore prudenza di quelli che possono più, sottomettersi alle leggi e più stimare l’altrui giudizio, ho deliberato esser da voi consigliato, come in uno caso, il quale potrebbe seguire con qualche infamia del nostro imperio, io mi debba governare. Perchè dicendo tutte l’anime degli uomini, che vengono nel nostro regno, esserne stato cagione la moglie, e parendoci questo impossibile, dubitiamo, che dando giudizio sopra questa relazione non possiamo essere calunniati come troppo crudeli, e non dando, come manco severi, e poco amatori della giustizia. E perchè l’uno peccato è da uomini leggieri, e l’altro da ingiusti, e volendo fuggire quegli carichi, che dall’uno e dall’altro potrebbono dipendere, e non trovandone il modo, vi abbiamo chiamati, acciocchè consigliandone ci aiutiate, e siate cagione, che questo regno, come per lo passato è vivuto senza infamia, così per l’avvenire viva. Parve a ciascheduno di quegli Principi il caso importantissimo, e di molta considerazione, e concludendo tutti, come egli era necessario scoprirne la verità, erano discrepanti del modo. Perchè a chi pareva che si mandasse uno, a chi più, nel mondo, che sotto forma di uomo conoscesse personalmente questo esser vero. A molti altri pareva potersi fare senza tanto disagio, costringendo varie anime con vari
tormenti a scoprirlo. Pure la maggior parte consigliando che si mandasse, s’indirizzarono a questa opinione. E non si trovando alcuno, che volontariamente prendesse questa impresa, deliberarono che la sorte fosse quella, che lo dichiarasse. La quale cadde sopra Belfagor Arcidiavolo, ma per l’addietro, avanti che cadesse dal cielo, Arcangelo; Il quale ancora che mal volentieri pigliasse questo carico,