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convincere coi libri in mano e con il riscontro; e però leggiamo questa tua opera e il Morgante. Leggi su.1

D. Nel mezzo del cammin di nostra vita

Mi ritrovai per una selva oscura,
Che la diritta via era smarrita.

N. E’ basta. Leggi un poco ora il Morgante.

D. Dove?

N. Dove tu vuoi. Leggi costì a caso.

D. Ecco:2

Non chi comincia, ha meritato, è scritto
nel tuo santo Vangel, benigno Padre.

N. Or ben, che differenza è da quella tua lingua a questa?

D. Poca.

N. Non mi ce ne par veruna.

D. Qui è pur non so che.

N. Che cosa?

D. Quel chi è troppo Fiorentino.

N. Tu farai a ridirti: o non dì tu:3

Io non so chi tu sia, nè per qual modo
Venuto sei quaggiù, ma Fiorentino
Mi sembri veramente, quand’io t’odo?

D. Egli è il vero; io ho il torto.

N. Dante mio, io voglio che tu t’emendi e che tu consideri meglio il parlar Fiorentino, e la tua opera, e vedrai, che se alcuno s’arà da vergognare, sarà piuttosto Firenze, che tu; perchè se considererai bene a quel che tu hai detto, tu vedrai come ne’ tuoi versi non hai fuggito il goffo, come quello:4
Poi ci partimmo, e n’andavamo introque;
  1. Dant. Inf. 1.
  2. Luig. Pulc. Morg. 24, 1,
  3. Dant. Inf. 33.
  4. Dant. Inf. 20. scrisse:
    Sì mi parlava, e andavamo introcque.