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bastioni fuora della terra che tu abbia a difendere; perchè sempre gli perderai, non si potendo oggi le cose piccole difendere, quando che sieno sottoposte al furore delle artiglierie; in modo che, perdendoli, fieno principio e cagione della tua rovina. Genova, quando si ribellò dal Re Luigi di Francia, fece alcuni bastioni su per quegli colli che gli sono d’intorno; i quali, come furono perduti, che si perderono subito, fecero ancora perdere la città. Quanto al consiglio secondo, affermo niuna cosa essere ad una rocca più pericolosa, che essere in quella ridotti da potersi ritirare; perchè la speranza che gli uomini hanno, abbandonando uno luogo, fa che egli si perde, e quello perduto fa perdere poi tutta la rocca. Di esemplo ci è fresco la perdita della rocca di Furlì, quando la Contessa Caterina la difendeva contra a Cesare Borgia, figliuolo di papa Alessandro VI il quale vi aveva condotto l’esercito dei Re di Francia. Era tutta quella fortezza piena di luoghi da ritirarsi dall’uno nell’altro; perchè vi era prima la cittadella; da quella alla rocca era uno fosso, in modo che vi si passava per uno ponte levatoio; la rocca era partita in tre parti, e ogni parte era divisa con fossi e con acque dall’altra, e con ponti da quello luogo a quell’altro si passava. Donde che il duca battè coll’artiglieria una di quelle parti della rocca e aperse parte del muro; donde messer Giovanni da Casale, che era preposto a quella guardia, non pensò di difendere quella apertura, ma l’abbandonò per ritirarsi negli altri luoghi; talchè, entrate le genti del duca senza contrasto in quella parte, in uno subito la presero tutta, perchè diventarono signori de’ ponti che andavano dall’uno membro all’altro. Perdessi adunque questa rocca, ch’era tenuta inespugnabile, per due difetti: l’uno per avere tanti ridotti, l’altro per non essere ciascuno ridotto signore de’ ponti suoi. Fece, dunque, la mala edificata fortezza e la poca prudenza di chi la difendeva, vergogna alla