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libro sesto. 345

alloggiamenti, se alcuno dicesse avere fatta qualche cosa egregia nella zuffa e non l’avesse fatta, se alcuno avesse combattuto fuora del comandamento del capitano, se alcuno avesse per timore gittato via l’armi. E quando egli occorreva che una coorte o una legione intiera avesse fatto simile errore, per non gli fare morire tutti, gl’imborsavano tutti e ne traevano la decima parte, e quelli morivano. La quale pena era in modo fatta che, se ciascuno non la sentiva, ciascuno nondimeno la temeva. E perchè dove sono le punizioni grandi, vi debbono essere ancora i premi, a volere che gli uomini ad un tratto temano o sperino, egli avevano proposti premi a ogni egregio fatto: come a colui che, combattendo, salvava la vita ad uno suo cittadino, a chi prima saliva sopra il muro delle terre nemiche, a chi prima entrava negli alloggiamenti de’ nemici, a chi avesse, combattendo, ferito o morto il nemico, a chi lo avesse gittato da cavallo. E così qualunque atto virtuoso era da’ Consoli riconosciuto e premiato e, pubblicamente, da ciascuno lodato; e quegli che conseguivano doni per alcuna di queste cose, oltre alla gloria e alla fama che ne acquistavano tra i soldati, poi ch’egli erano tornati nella patria, con solenni pompe e con gran dimostrazioni tra gli amici e parenti le dimostravano. Non è adunque maraviglia, se quel popolo acquistò tanto imperio, avendo tanta osservanza di pena e di merito verso di quelli, che o per loro bene, o per loro male operare meritassero o lode o biasimo; delle quali cose converrebbe osservare la maggior parte. Nè mi pare da tacere un modo di pena da loro osservato; il quale era che, come il reo era innanzi al tribuno o al Consolo convinto, era da quello leggiermente con una verga percosso; dopo la quale percossa al reo era lecito fuggire ed a tutti i soldati ammazzarlo; in modo che subito ciascuno gli traeva o sassi o dardi o con altre armi lo percoteva; di qualità ch’egli andava poco vivo, e rarissimi ne campavano; e a quegli tali campati non

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