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que per lato, il mezzo di tre e l’ultime parti di due; ed io crederrei che fusse meglio ordinarle al contrario, perchè io penso che uno esercito si potesse con più difficultà rompere, quando chi l’urtasse, quanto più penetrasse in quello, tanto più lo trovasse duro, e l’ordine fatto da voi mi pare che faccia che, quanto più s’entri in quello, tanto più si truovi debole.

Fabrizio. Se voi vi ricordassi come a’ Triarj, i quali erano il terzo ordine delle Legioni Romane, non erano assegnati più che secento uomini, voi dubiteresti meno, avendo inteso come quegli erano posti nell’ultima schiera; perchè voi vedresti come io, mosso da questo esemplo, ho posto nella ultima schiera due battaglie, che sono novecento fanti; in modo che io vengo piuttosto, andando con l’ordine Romano, a errare per averne tolti troppi che pochi. E benchè questo esemplo bastasse, io ve ne voglio dire la ragione. La quale è questa: la prima fronte dell’esercito si fa solida e spessa, perch’ella ha a sostenere l’impeto de’ nemici e non ha a ricevere in se alcuno degli amici, e per questo conviene ch’ell’abbondi di uomini, perchè i pochi uomini la farebbero debole o per radità o per numero. Ma la seconda schiera, perchè ha prima a ricevere gli amici che a sostenere il nemico, conviene che abbia gli intervalli grandi; e per questo conviene che sia di minore numero che la prima, perchè, s’ella fusse di numero maggiore o equale, converrebbe o non vi lasciare gli intervalli, il che sarebbe disordine, o lasciandovegli, passare il termine di quelle dinanzi; il che farebbe la forma dell’esercito imperfetta. E non è vero quel che voi dite: che il nemico, quanto più entra dentro al battaglione, tanto più lo truovi debole; perchè il nemico non può combattere mai col secondo ordine se il primo non è congiunto con quello; in modo che viene a trovare il mezzo del battaglione più gagliardo e non più debole, avendo a combattere col primo e col secondo ordine insieme. Quel medesimo interviene,