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dati che andassono e venissono per ordine del capitano. E com’io vi dissi prima, i Romani avevano per esercito circa ventiquattromila uomini, così debbe essere questo; e come il modo del combattere e la forma dell’esercito gli altri soldati lo prendevano dalle Legioni, così quelli soldati che voi aggiugneste agli due battaglioni vostri avrebbero a prendere la forma e ordine da quelli. Delle quali cose avendone posto uno esemplo, è facil cosa imitarlo; perchè, accrescendo o due altri battaglioni all’esercito, o tanti soldati degli altri quanti sono quegli, egli non si ha a fare altro che duplicare gli ordini e, dove si pose dieci battaglie nella sinistra parte, porvene venti, o ingrossando o distendendo gli ordini secondo che il luogo o il nemico ti comandasse.
Luigi. Veramente, signore, io mi immagino in modo questo esercito, che già lo veggo, e ardo d’uno desiderio di vederlo affrontare. E non vorrei, per cosa del mondo, che voi diventassi Fabio Massimo, faccendo pensiero di tenere a bada il nemico e differire la giornata, perchè io direi peggio di voi che il popolo Romano non diceva di quello.
Fabrizio. Non dubitate. Non sentite voi l’artiglierie? Le nostre hanno già tratto, ma poco offeso il nemico; e i Veliti estraordinarj escono de’ luoghi loro insieme con la cavalleria leggiere, e più sparsi e con maggiore furia e maggior grida che possono, assaltano il nemico; l’artiglieria del quale ha scarico una volta e ha passato sopra la testa de’ nostri fanti senza fare loro offensione alcuna. E perch’ella non possa trarre la seconda volta, vedete i Veliti e i cavalli nostri che l’hanno già occupata, e che i nemici, per difenderla, si sono fatti innanzi; talchè quella degli amici e nemici non può più fare l’ufficio suo. Vedete con quanta virtù combattono i nostri, e con quanta disciplina, per lo esercizio che ne ha fatto loro fare abito e per la confidenza ch’egli hanno nell’esercito; il quale vedete che, col suo passo,