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230 dell’arte della guerra

un bastone piombato, il quale a comparazione di quella era gravissimo. Facevano a ciascuno di loro ficcare un palo in terra, che rimanesse alto tre braccia, e in modo gagliardo, che i colpi non lo fiaccassero o atterrassono; contro al qual palo il giovane con lo scudo e col bastone, come contro ad un nimico si esercitava, ed ora gli tirava come se gli volesse ferire la testa o la faccia, ora come se lo volesse percuotere per fianco, ora per le gambe, ora si tirava indietro, ora si faceva innanzi. E avevano in questo esercizio questa avvertenza, di farsi atti a coprire se e ferire il nemico; ed avendo l’armi finte gravissime, parevano dipoi loro le vere più leggieri. Volevano i Romani che i loro soldati ferissono di punta e non di taglio, sì per essere il colpo più mortale, ed avere manco difesa, sì per scoprirsi meno chi ferisse, ed esser più atto a raddoppiarsi che il taglio. Non vi maravigliate che quelli antichi pensassero a queste cose minime, perchè dove si ragiona, che gli uomini abbiano a venire alle mani, ogni picciolo vantaggio è di gran momento; ed io vi ricordo quello, che di questo gli scrittori ne dicono, piuttosto ch’io ve l’insegni. Nè istimavano gli antichi cosa più felice in una Repubblica, che essere in quella assai uomini esercitati nell’armi; perchè non lo splendor delle gemme e dell’oro fa che i nemici ti si sottomettono, ma solo il timore dell’armi. Dipoi gli errori che si fanno nelle altre cose, si possono qualche volta correggere; ma quegli che si fanno nella guerra, sopravvenendo subito la pena, non si possono emendare. Oltre a quello il saper combatter fa gli uomini più audaci, perchè niuno teme di fare quelle cose, che gli pare aver imparato a fare. Volevano pertanto gli antichi, che i loro cittadini si esercitassino in ogni bellica azione, e facevano trarre loro contro a quel palo dardi più gravi che i veri; il qual esercizio, oltre al fare gli uomini esperti nel trarre, fa ancora le braccia più snodate e più forti. Insegnavano ancora