dimodochè non se ne può raccozzare in un campo sì poco, nè sì gran numero, che non si azzuffino.
Quanto alla nimicizia de’ Principi colle comunità e co’ Svizzeri non bisogna ragionarne altrimenti, fendo cosa nota, e così di quella fra l’Imperadore e detti Principi; ed avete ad intendere, che avendo l’Imperadore il principale suo odio contro a’ Principi, e non potendo per se medesimo abbassargli, ha usato i favori delle comunità, e per quella medesima cagione da un tempo in qua ha intrattenuto gli Svizzeri, con i quali gli pareva in quest’ultimo esser venuto in qualche confidenza, tantochè considerato tutte quelle divisioni in comuni, ed aggiuntovi poi quelle che sono tra l’uno Principe e l’altro, e l’una comunità e l’altra, fanno difficile quella unione, di che lo Imperadore avrebbe bisogno. E quello che ha tenuto in speranza ciascuno che faceva per lo addietro le cose dell’Imperadore gagliarde, e la impresa riuscibile, era che non si vedeva tal Principe nella Magna, che potesse opporli ai disegni suoi, come per lo addietro era stato. Il che era ed è la verità; ma in quello che altri s’ingannava è, che non solamente l’Imperadore può esser ritenuto, movendogli guerra e tumulto nella Magna, ma può esser ancora ritenuto, non lo ajutando; e quelli che non ardiscono fargli guerra, ardiscono levargli gli ajuti; e chi non ardisce negargliene, ha ardire promessi che glie n’ha, di non li osservare; e chi non ardisce ancora quello, ardisce ancor di differirgli in modo, che non fieno in tempo, che se ne vaglia. E tutte quelle cose l’offendono e perturbanlo. Conscersi questo da averli promesso, come è detto di sopra, la Dieta diciannovemila persone, e non se n’esser mai viste tante che aggiunghino a cinquemila. Questo conviene che nasca, parte dalle cagioni sopraddette, parte dall’aver lui preso denari in cambio di gente, e per avventura preso cinque per dieci. E per venire ad un’altra declarazione circa alla potenza della Magna, e all’unione