d’Italia per altro conto tanto ispaventevole, quanto per questo, perchè i bisogni colla vittoria gli crescevano, non sendo ragionevole, ch’egli avesse fermo il pie così presto; e non mutando modi, se le frondi degli alberi d’Italia gli fossino diventati ducati non gli badavano. Non è cosa che con denari in mano allora non si fotte ottenuta, e però molti giudicavano savj coloro, che penavano più a darli denari la prima volta, perchè eglino non aveano a penare anche più a dargliene la seconda. E quando e’ non averle avuto altre azioni contro ad un potentato, gliene avrebbe domandato in presto; e se non gli fossino stati prestati, gli spesi fino allora si sarebbono gettati via. Io vi voglio dare di questo uno verissimo riscontro. Quando Messer Pagolo a’ dì 29. di Marzo fece quella domanda; io, spacciato Francesco da lui, andai a trovarlo col capitolo fatto della petizione vostra, e quando e’ venne a quella parte che dice: non possit Imperator petere aliarti summam pecuniarum &c. voleva che innanzi a petere, si mettesse jure, e domandandolo io perchè, rispose che voleva l’Imperatore vi potesse richiedere denari in prestito, donde io gli risposi in modo ch’e’ si contentò. E notate questo, che dagli spessi suoi disordini nascono gli spessi suoi bisogni, e dagli spessi suoi bisogni le spesse domande, e da quelle le spesse Diete, e dalla sua poca estimazione le deboli resoluzioni, e debolissime esecuzioni.
Ma se fosse venuto in Italia, voi non l’avreste potuto pagare di Diete, come fa la Magna; e tanto gli fa peggio questa sua liberalità, quanto a lui per far guerra bisogna più denari, che ad alcun altro principe; perchè i popoli suoi per esser liberi e ricchi, non sono tirati nè da bisogno, nè d’alcuna affezione, ma lo servono per il comandamento della loro comunità, e per il loro prezzo; in modo che se in capo dì 30. dì i denari non vengono, subito si partono, nè gli può