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della magna. | 159 |
refima, e perchè annusato che l’ebbe gli seppe di cattivo, se ne andò verso Ghelleri, e mandò Pre Luca a’ Veneziani a tentare quella tregua, la quale si concluse a’ dì 6. del presente mese di Giugno, perduto che lui ebbe ciò, che egli aveva nel Friuli, e stato per perder Trento, il quale fu difeso dal contado del Tirolo; perchè per l’Imperadore, e per le genti dell’Imperio non mancò che si perdesse, che tutte ne’ maggiori pericoli della guerra si partivano, venuta la fine de’ loro sei mesi.
Io so che gli uomini udendo questo, e avendo visto si confondono, e vanno variando in di molte parti, nè fanno perchè non si sieno viste quelle diciannovemila persone, che l’Imperio promise, nè perchè la Magna non si sia risentita in sulla perdita dell’onore suo, nè perchè cagione l’Imperadore si sia tanto ingannato, e così ognuno varia in quello si debba o temere, o sperare per l’avvenire, e dove le cose si possino indirizzare. Io sendo stato in sul luogo, e avendone udito ragionare molte volte a molti, ne avendo avuto altra faccenda che questa, referirò tutte le cose, di che io ho fatto capitale, le quali se non distintamente, tutte insieme alla mescolata risponderanno ai quesiti di sopra; nè le dico come vere, e ragionevoli, ma come cose udite, parendomi che l’uffizio d’un servitore sia porre innanzi al Signor suo quanto egli intende, acciocchè di quello vi sia buono e’ possa far capitale.
Ciascuno di quelli, a che io ne ho sentito parlare si accorda, che se l’Imperadore avesse una delle due cose, senza dubbio gli riuscirebbe ogni disegno in Italia, considerato come ella è condizionata, le quali sono, o che mutasse natura, o che la Magna lo ajutasse daddovero. E cominciandosi alla prima, dicono che considerato i fondamenti suoi, quando e’ se ne sapesse valere, e’ non sarebbe inferiore ad alcun altro potentato Cristiano. Dicono che gli tlati fuoi gli danno d’entrata seicento
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