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rapporto della magna. 157

che lo dovessino riconoscere, e usò dire più volte, che in Italia non habebat amicos propter Venetos. L’altre cagioni ancora, perchè chiese sì poca gente furono, perchè l’Imperio glie ne promettesse più prontamente, e gliel’ossrervasse, o perchè condescendesse più volentieri a metterle tutte sotto la obbedienza sua, e non cercarle di darli capitani in nome dell’Imperio, che gli fossino compagni. Perchè non mancò chi nella Dieta ricordasse, infra li quali fu l’Arcivescovo di Magunzia, che farebbe bene fare l’impresa gagliarda, e provvedere almeno a quarantamila persone, e dar loro in nome dell’Imperio quattro capitani ec. Di che l’Imperadore s’adirò seco, e disse: Ego possum ferre labores, volo etiam honores; tanto che si conchiuse queste diciannovemila persone; e di più che se gli desse centoventimila Fiorini, per supplire alla necessità del campo, quanto per soldare cinquemila Svizzeri per sei mesi, come meglio gli paresse. Propose l’Imperadore, che le genti fossero insieme il dì di S. Gallo, parendoli tempo assai ad averle provvedute, e comodo al modo loro del far guerra, e appresso indicò infra detto tempo aver condotto tre cose; l’una l’averli guadagnato i Veneziani, de’ quali mai diffidò infino all’ultimo, non ostante che fusse seguita la cacciata dell’Oratore loro, come si sa; l’altra aver fermi i Svizzeri; la terza aver tratto dal Pontefice, e da altri d’Italia buona quantità di denari. Andò pertanto praticando quelle cose; venne S. Gallo; le genti si cominciorno a ragunare; e lui delle tre non aveva condotte nessuna, e parendogli non poter muoversi , nè diffidandoli ancora di condurle, inviò le genti chi a Trento, chi altrove, e non istaccava le pratiche, dimodochè e’ si trovò di Gennaio, e consumata la metà del tempo della provvisione dell’Imperio, e non aver fatto cosa alcuna, dove veggendosi giunto, fece ultimum de potentia di avere i Veneziani, a’ quali mandò il Fra Bianco, mandò Pre Luca, mandò il Dispoto della Morea, e i suoi araldi più volte; e loro quanto


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