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152 | ritratti |
e l’altra, fanno difficile questa unione dello Impero, di che uno Imperadore avrebbe bisogno. E benchè chi fa le imprese della Magna gagliarde et riuscibili, pensi che non è nella Magna alcuno principe che potesse o ardisse opporsi alli disegni di uno Imperadore, come hanno usato di fare da qualche tempo indietro, tuttavolta non pensare, che a uno Imperadore è assai impedimento non essere da’ principi aiutato ne’ suoi disegni: perchè chi non ardisce farli guerra, ardisce negarli aiuti; e chi non ardisce negargliene, ha ardire, promissi che li ha, non li osservare; e chi non ardisce ancora questo, ardisce differire tanto le promesse, che non sono in tempo che se ne vaglia; e tutte queste cose impediscono et perturbano li disegni. E si conosce così essere la verità, quando lo Imperadore la prima volta volle passare, contro alla volontà de’ Veneziani e Francesi in Italia, che li fu promesso dalle comunitadi della Magna nella dieta tenuta in quel tempo a Gostanza sedici mila persone, tre mila cavalli, e non se ne essere mai potute mettere insieme tante che agiugnessino a cinque mila; e questo perchè quando quegli d’una comunità arrivavano, quelli d’un’altra si partivano per avere finito, e qualcuna dava in cambio danari: i quali, per pigliare luogo facilmente, e per questa e per l’altre ragioni, le genti non si raccozzavano e l’impresa andò male.
La potenza della Magna si tiene certo esser più assai nelle comunitadi, che nelli principi, perchè li principi sono di due ragioni, temporali o spirituali. Li temporali sono quasi ridotti ad una grande debilità, parte per loro medesimi (sendo ogni principato diviso in più principi, per la divisione equale delle eredità ch’egli osservano), parte per averli abassati l’Imperadore con il favore delle comunitadi, come è detto: talmente che sono inutili amici. Sonvi ancora li principi Ecclesiastici, i quali se le divisioni ereditarie non gli hanno annichilati, gli ha ridotti al basso l’ambizione delle comunitadi loro, ed il