giudizio. Ma io non approvo che gli Aretini simili ai Veliterni ed Anziani non siano stati trattati come loro. E se il giudizio dei Romani merita di esser commendato, tanto il vostro merita di esser biasimato. I Romani pensarono una volta che i popoli ribellati si debbano o beneficare, o spegnere, e che ogni altra via sia pericolosissima. A me non pare che voi agli Aretini abbiate fatto nessuna di queste cose, perchè e’ non si chiama benefizio ogni dì fargli venire a Firenze, avere tolto loro gli onori, vendere loro le possessioni, sparlarne pubblicamente, avere tenuti loro i soldati in casa. Non si chiama assicurarsene lasciare le mura in piedi, lasciarvene abitare e’ cinque sesti di loro, non dare loro compagnia di abitatori che gli tenghino sotto, e non si governare in modo con loro, che negl’impedimenti e guerre che vi fossero fatte voi non avessi a tenere più spesa in Arezzo, che all’incontro di quello nimico che vi assaltasse. La esperienza se ne vidde nel 1498, che ancora non si era ribellato, nè era tanto incrudelito verso questa città; nondimeno venendo le genti de’ Viniziani in Bibbiena, voi aveste ad impegnare in Arezzo per tenerlo fermo le genti del Duca di Milano, ed il conte Rinuccio con la compagnia, di che se voi non avessi dubitato, ve ne potevi servire in Casentino contro a’ nimici, e non bisognava levare Paolo Vitelli di quello di Pisa per mandarlo in Casentino; il che forzandovi a fare la poca fede degli Aretini, vi fece portare assai più pericolo e molta più spesa non avresti fatto, se fossero stati fedeli; talchè raccozzato quello che si vidde allora, quello che si è veduto poi, e il termine in che voi gli tenete, e’ si può sicuramente fare questo giudizio, che come voi fussi assaltati, di che Iddio guardi, o Arezzo si ribellerebbe, o e’ vi darebbe tale impedimento a guardarlo, che la tornerebbe spesa insopportabile alla città. Se voi potete al presente essere assaltati o no, e se gli è chi disegni sopra Arezzo o nò, avendone io sentito ragionare non