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minio Fiorentino, e interdetto dal por piede nel palazzo de’ Signori.

Fino a questo segno la sua disavventura poteva dirsi meno deplorabile per lui medesimo, che per la Repubblica, la quale perdeva in esso l’unica testa capace di sostenerla. Maggior pericolo ei corse poco dopo, allorchè accusato di complicità nella congiura contro il Cardinale de’ Medici, dipoi Leone X. sofferse fino la prigionia e la tortura. Egli ne fu liberato piuttosto per la generofità di quel Pontefice, il quale funestar non volle l’allegrezza del suo inalzamento, che per la equità de’ suoi nemici.

Queste lacrimevoli e sfortunate circostanze, alle quali non si resiste se non per mezzo di una straordinaria virtù, fanno meglio che la sua passata fortuna conoscere la grandezza di animo del Machiavelli. Invece di piegare sotto il peso di tante disavventure, trovò consolazione badante nello studio, e nelle lettere. A’ suoi infortunj siamo debitori delle opere più importanti: del Principe, cioè, de’ Discorsi, dell’Arte della Guerra, delle Storie; che egli ebbe agio di comporre in quel tempo d’ozio e di quiete. Se non potè più servir la Patria col ministero, volle giovarle almeno con gli scritti: in essi diede a suoi concittadini delle istruzioni, di cui poteva esservi ancora tempo di profittare per la libertà.

Una cosa è da notarsi specialmente, la quale quanto è più rara tanto più fa onore al merito del Machiavelli. L’opinione che si aveva de’ suoi talenti, e del suo affettuoso ed ingenuo carattere gli conservò de’ veri amici nelle disavventure, e giunse a superare ed estinguere l’avversione ne’ suoi nemici. Nelle fiorite conversazioni degli Orti Rucelliani era tenuto ed ascoltato come l’oracolo. Francesco Vettori, e France-


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