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Agnolo della Pergola, Lorenzo e Micheletto Attenduli, il Tartaglia, Iacopaccio, Ceccolino da Perugia, Niccolò da Tolentino, Guido Torello, Antonio dal Ponte ad Era e molti altri simili. Con questi erano quelli signori de’ quali ho di sopra parlato; ai quali si aggiugnevano i baroni di Roma, Orsini e Colonnesi, con altri signori e gentili uomini del Regno e di Lombardia; i quali, stando in su la guerra, avevano fatto come una lega e intelligenza insieme, e riduttala in arte; con la quale in modo si temporeggiavono, che il più delle volte, di quelli che facevano guerra, l’una parte e l’altra perdeva; e in fine la ridussono in tanta viltà che ogni mediocre capitano, nel quale fusse alcuna ombra della antica virtù rinata, gli arebbe, con ammirazione di tutta Italia, la quale per sua poca prudenza gli onorava, vituperati. Di questi, adunque, oziosi principi e di queste vilissime armi sarà piena la mia istoria. Alla quale prima che io discenda, mi è necessario, secondo che nel principio promissi, tornare a raccontare della origine di Firenze, e fare a ciascuno largamente intendere quale era lo stato di quella città in questi tempi, e per quali mezzi, intra tanti travagli che per mille anni erano in Italia accaduti, vi era pervenuta.