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qual cosa Gregorio, per le cagioni sopra scritte, non confidando più nello imperadore di Gonstantinopoli per essere debole, né volendo credere alla fede de’ Lombardi, che la avieno molte volte rotta, ricorse in Francia, a Pipino II, il quale, di signore di Austrasia e Brabante, era diventato re di Francia, non tanto per la virtù sua, quanto per quella di Carlo Martello suo padre e di Pipino suo avolo. Perché Carlo Martello, sendo governatore di quello regno, dette quella memorabile rotta a’ Saraceni presso a Torsi, in sul fiume dell’Era, dove furono morti più che dugento milia di loro; donde Pipino suo figliuolo, per la reputazione del padre e virtù sua, diventò poi re di quel regno. Al quale papa Gregorio, come è detto, mandò per aiuti contro a’ Longobardi: a cui Pipino promesse mandargli; ma che desiderava prima vederlo e alla presenza onorarlo. Per tanto Gregorio ne andò in Francia, e passò per le terre de’ Lombardi suoi nimici, sanza che lo impedissero: tanta era la reverenzia che si aveva alla religione. Andato adunque Gregorio in Francia, fu da quel Re onorato e rimandato con i suoi eserciti in Italia; i quali assediarono i Longobardi in Pavia. Onde che Aistulfo, constretto da necessità, si accordò con i Franciosi, e quelli feciono lo accordo per i prieghi del Papa, il quale non volse la morte del suo nimico, ma che si convertisse e vivesse: nel quale accordo Aistulfo promisse rendere alla Chiesa tutte le terre che le aveva occupate. Ma, ritornate le genti di Pipino in Francia, Aistulfo non osservò lo accordo, e il Papa di nuovo ricorse a Pipino; il quale di nuovo mandò in Italia, vinse i Longobardi e prese Ravenna; e contro alla voglia dello imperadore greco, la dette al Papa con tutte quelle altre terre che erano sotto il suo esarcato, e vi aggiunse il paese di Urbino e la Marca. Ma Aistulfo, nel consegnare queste terre, morì, e Desiderio lombardo, che era duca di Toscana, prese le armi per occupare il regno, e domandò aiuto al Papa, promettendogli la amicizia sua; e quello gliene concesse, tanto che