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per alcuna estrinseca forza, ma solamente per civile discordia (dove si vede come le poche variazioni ogni repubblica e ogni regno, ancora che potentissimo, rovinano), si potrà di poi facilmente immaginare quanto in quelli tempi patisse la Italia e le altre provincie romane; le quali, non solamente variorono il governo e il principe, ma le leggi, i costumi, il modo del vivere, la religione, la lingua, l’abito, i nomi. Le quali cose ciascuna per sé, non che tutte insieme, farieno, pensandole, non che vedendole e sopportandole, ogni fermo e costante animo spaventare. Da questo nacque la rovina, il nascimento e lo augumento di molte città. Intra quelle che rovinorono fu Aquileia, Luni, Chiusi, Populonia, Fiesole e molte altre; intra quelle che di nuovo si edificorono furono Vinegia, Siena, Ferrara, l’Aquila e altre assai terre e castella che per brevità si omettono; quelle che di piccole divennero grandi furono Firenze, Genova, Pisa, Milano, Napoli e Bologna; alle quali tutte si aggiugne la rovina e il rifacimento di Roma, e molte che variamente furono disfatte e rifatte. Intra queste rovine e questi nuovi popoli sursono nuove lingue, come apparisce nel parlare che in Francia, in Ispagna e in Italia si costuma, il quale mescolato con la lingua patria di quelli nuovi popoli e con la antica romana fanno un nuovo ordine di parlare. Hanno, oltre di questo, variato il nome, non solamente le provincie, ma i laghi, i fiumi, i mari e gli uomini; perché la Francia, l’Italia e la Spagna sono ripiene di nomi nuovi e al tutto dagli antichi alieni; come si vede, lasciandone indrieto molti altri, che il Po, Garda, l’Arcipelago sono per nomi disformi agli antichi nominati: gli uomini ancora, di Cesari e Pompei, Pieri, Giovanni e Mattei diventorono. Ma, intra tante variazioni, non fu di minore momento il variare della religione, perché, combattendo la consuetudine della antica fede con i miracoli della nuova, si generavono tumulti e discordie gravissime intra