loro esaltarla, che non aveva potuto la malignità di quelli accidenti che gli avevano diminuiti, opprimerla. E senza dubbio se Firenze avesse avuto tanta felicità, che poi che la si liberò dallo Imperio, ella avesse preso forma di governo che l’avesse mantenuta unita; io non so quale Repubblica, o moderna o antica, le fusse stata superiore; di tanta virtù d’arme e d’industria sarebbe stata ripiena. Perchè si vede, poichè la ebbe cacciati da se i Ghibellini in tanto numero che ne era piena la Toscana e la Lombardia, i Guelfi con quelli che dentro rimasero, nella guerra contra Arezzo, un anno davanti alla giornata di Campaldino, trassero dalla città, di proprj loro cittadini, milledugento uomini d’arme, e dodicimila fanti. Dipoi nella guerra che si fece contra a Filippo Visconti Duca di Milano, avendo a fare esperienza dell’industria e non dell’armi proprie, perchè le avevano in quelli tempi spente, si vide come in cinque anni, che durò quella guerra, spesono i Fiorentini tre milioni e cinquecentomila fiorini; la quale finita non contenti alla pace, per mostrare più la potenza della loro città, andarono a campo a Lucca. Non so io pertanto conoscere quale cagione faccia che queste divisioni non siano degne di essere particolarmente scritte. E se quelli nobilissimi Scrittori ritenuti furono per non offendere la memoria di coloro, di chi eglino avevano a ragionare, se ne ingannarono, e mostrarono di conoscer poco l’ambizione degli uomini, e il desiderio che egli hanno di perpetuare il nome de’ loro antichi e di loro. Nè si ricordarono che molti non avendo avuta occasione di acquistarsi fama con qualche opera lodevole, con cose vituperose si sono ingegnati acquistarla. Nè considerarono come le azioni che hanno in se grandezza, come hanno quelle de’ governi e degli Stati, comunque le si