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56 Le Odi di Orazio

XXXIII.


Non dolerti, Albio, oh troppo memore
    Dell’aspra Glicera, nè cantar flebili
    Versi elegiaci, s’altri più giovane
        4Di te splende alla perfida.

Chiara per piccola fronte Licoride
    Di Ciro infiammasi; Ciro vèr Foloe
    Rubesta pencola; ma capre ed appuli
        8Lupi vedrem pria giungere,

Che pecchi Foloe col turpe adultero.
    Tal pare a Venere, cui piace díspari
    Sembianti ed anime a giogo bronzeo
        12Con fiero scherzo stringere.

Me pur, cui Venere miglior sollecita,
    Tiene in gradevole catena Mírtale,
    Liberta instabile più che il mar d’Adria
        16Curvante i golfi calabri.