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358 Il Prometeo liberato

Sia che l’altra di stelle inghirlandata
E di misteriose umbre ravvolta
Dall’oriente plumbeo si levi:
Però che a le striscianti Ore senz’ali
Essi son guida, ed una, oh finalmente,
Ne guideran, che, pari a sacerdote
Ohe l’ostia, riluttante invan, strascini,
Te, truculento Dio, strascinerà
Questo sangue a baciar che da’ miei piedi
Pallidi sgorga; e ben potrebbe il mio
Piè la tua fronte calpestar, se sdegno
D’uno schiavo prostrato ei non avesse.
Sdegno? No, ti compiango! Ah, qual ruina
Te non difeso incalzerà pei vacui
Cieli! Squarciata dal terrore oh come
L’anima tua spalancherassi in vista
D’inferno! Il dico, e n’ho dolor, non gioja:
Però che l’odio è dal mio cor fuggito
Dacché saggio mi fe’ la mia sciagura.
La maledizion, che già scagliai
Contro al tuo capo, io revocar vorrei.
voi montagne, che con mille voci
Fra la nebbia e il crosciar delle cascate
Echeggiaste il tuonar del mio disdegno;
E voi, gelide fonti, in increspato
Ghiaccio inceppate, che le vitree croste