40Dacché fui tua, nume crudele, e ossessa
Dal concetto divino
L’anima crebbe a dismisura, erompermi
Sentii fuor di me stessa
E dilatarmi nell’immenso cielo; 45Tremâr le membra all’impeto ineguale,
E l’eterno e il mortale
Si confuser così nel petto anelo,
Che se alla mente insolita
E al disugual destino 50Mutai del par l’aspetto,
Ben è ragion che agli uomini
Sia d’oltraggiosa meraviglia oggetto.
Come placido lago, in cui la cima
Del sovrapposto monte 55Improvvisa ruini, al ciel con impeto
Le invase acque sublima.
Che ricadendo poi sperdonsi a’ venti;
Così l’animo mio, prima sì cheto,
A volo inconsueto 60Balzò commosso a’ tuoi divini accenti,
E tutto il ciel comprendere
Parve; se non che pronte
Corser le Furie, e tutta
Mandâr ghignando all’aure 65L’immensa mia felicità distrutta.