|
Libro quarto, Ode IV. |
173 |
Qual d’atra fronde, sul ferace Algido,
Leccio cui forti scuri diramano,
Fra danni e percosse dal ferro
60Stesso acquista più forza e più vita.
Non contro Alcide, cruccioso d’essere
Vinto, più salda crebbe dal mutilo
Corpo l’Idra; non maggior mostro
64Coleo e Tebe echíonia sommise.
L’immergi al fondo? Vien su più splendida;
L’oppugni? Atterra con molta laude
L’intatto nemico, e battaglie
68Pugna, cui narreran le matrone.
Non io superbi messi a Cartagine
Or fìa che mandi: caddero, caddero
Le speranze e del nostro nome,
72Poi che Asdrubal perì, la fortuna.
Tutto a fin reca la gente Claudia:
Lei Giove, amico nume, ha in custodia,
Lei san da le strette di guerra
76Distrigare i pensieri sagaci.»