Quanto ai Neroni, o Roma, debbasi
Da te, sa il fiume Metauro e Asdrubale
Debellato e il giorno che, bello
40Per le nebbie del Lazio fugate,
Primo sorrise d’alma vittoria,
Quando il diro Afro per le terre itale,
Qual fiamma tra rèsine, o vento
44Sopra i siculi flutti, equitava.
Indi in fatiche fauste ognor crebbesi
La gioventude romana; i tempj,
Dall’empio africano tumulto
48Devastati, ebber dritti gli Dei.
E disse alfine l’infido Annibale:
«Noi cervi, preda di lupi avidi,
Seguiamo spontanei cui pingue
52Ingannare e sfuggire è trionfo.
Gente guerriera, che dall’arso Ilio
Esagitata pe’ toschi pelaghi
Nell’itale ville i suoi lari,
56I suoi nati, i suoi vecchi tradusse,