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Libro primo, Ode III. | 17 |
Qual mai di morte specie
Temè chi, placido l’occhio, gli ondívaghi
Mostri mirò e il mar torbido
20E li scogli orridi d’Acroceraunia?
Invan chiuse d’inospiti
Mari un dio provvido le terre varie,
Se l’empie navi ardiscono
24Gl’inaccessibili guadi trascorrere.
A tentar tutto impavida
L’umana specie corre a l’illecito:
Il Giapetide impavido
28Con mala fraude diè il foco agli uomini;
Ma, il foco al dòmo etereo
Sottratto, e macie e schiera insolita
Di febbri in terra scesero,
32Che il necessario, pria tardo, incedere
Della morte affrettarono.
Provò già Dedalo l’aere vacuo
Con vol negato agli uomini;
36Sforzò l’erculea fatica l’Erebo.
2.—Rapisardi, Opere. Vol. V.