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Libro terzo, Ode XXIX. 157


Lascia le uggiose dovizie e l’ardua
    Mole sorgente fino alle nuvole;
        D’ammirar cessa il fumo e il fasto
        12E il fracasso di Roma beata.

Spesso ed a’ ricchi mutar gradevole
    E schiette cene, sott’esso a povero
        Lare senza tappeti ed ostro,
        16Appianaron la fronte pensosa.

Già mostra il chiaro padre d’Andromeda
    L’occulto foco; Procione infuria;
        Del pazzo Leone a la stella
        20Torna il Sole e i giorni arsi rimena.

Già il pastor l’ombre col gregge languido
    E il rivo cerca stanco e dell’ispido
        Silvano i dumeti; già manca
        24Di vaghe aure la tacita riva.

Tu alla Cittade che stato addicasi
    Curi; ansio scruti che a Roma ordiscano
        I Seri e la Battria, regnata
        28Già da Ciro, ed il Tanai discorde.