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Libro terzo, Ode XVI. |
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Di ciò che spregio signor più splendido,
Che se dicessero, quanto àra l’Apulo
Strenuo negli ampj granaj ricoveri
28Io tra ricchezze povero.
Rio d’acqua limpida, di pochi jugeri
Selva e non dubbia fede di mietere
Mi dan letizia negata ad inclito
32Re della fertil Africa.
Benchè non Calabro miele a me rechino
L’api, nè invecchimi bacco in lestrígone
Anfore, e bioccoli pingui ne’ gallici
36Pascoli a me non crescano,
Pure l’incomoda povertà scostasi;
Nè, s’altro io vogliami, tu neghi darmelo.
I desiderj frenando, i piccoli
40Censi sciorrò più facile,
Che se l’aliattico regno e i migdonj
Campi insiem domini. Chi molto è cupido
È molto povero; ricco, se appagasi
44Del po’ che Dio concessegli.