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Libro terzo, Ode IV. 115


Contro al sonante scudo di Pallade
    Tutti irrompenti? Qui stette l’avido
        Vulcan, qui Giunone signora
        60E chi al dorso mai l’arco non toglie.

Chi lava al puro fonte castalio
    Gli sciolti crini, chi regge i licj
        Dumeti e la selva natíva,
        64Dio di Delo e di Pàtara, Apollo.

Forza, di senno scossa, precipita
    Al proprio peso; temprata, accresconla
        Anche i Numi, avversi alle forze
        68Che il cor movono ad opre nefande.

[Di mie sentenze prova è il centímane
    Gìa, prova è il chiaro Orión, che l’íntegra
        Diana tentò, ma sott’esse
        72Le verginee saette fu dòmo. ]

Sopra i suoi mostri gittata or lagnasi
    La Terra, e i figli piange dal fulmine
        Cacciati al sozzo Orco; nè il ratto
        76Foco l’Etna sovrano consuma;