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112 Le Odi di Orazio

IV.


Scendi dal cielo, detta, o Calliope
    Regina, un lungo canto, o la tibia
        Più ti giovi o l’acuta voce
        4O le corde e la cetra di Febo!

Udite? O un caro delirio illudemi?
    Pe’ sacri boschi già l’odo, o sembrami,
        Vagolare, là dove ameni
        8S’introducono i zefiri e l’acque.

Me ancor fanciullo sul Vulture appulo,
    Della nutrice Puglia oltre il termine,
        Me stracco da’ giochi nel sonno
        12Portentose colombe covriro

Di nova fronde: tutti stupirono
    Color che il lido sublime tengono
        D’Acheronzia e i prati bantini
        16E il pian grasso dell’umil Forento,