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dialoghi delle cortigiane. | 191 |
sto a dire? Falle un po’ di forza per vederla nuda una volta.
Carmide. Non mai ha voluto compiacermi di tanto.
Trifena. Con ragione: sapeva che avresti schifate le sue impetigini: dal collo alle ginocchia n’è tutta chiazzata come una pantera. E tu piangevi che non ti giaci con lei? Oh di’, te lo vendeva caro ella, e ti faceva la contegnosa?
Carmide. Sì, o Trifena: e quanto s’ha preso da me! Ora m’aveva cercato un migliaio,1 ed io non avendo come darglielo, perchè mio padre è un uomo assegnato, ella s’ha preso Moschione, e mi ha scacciato: onde io per farle dispetto m’ho preso te.
Trifena. Oh, per Venere, i’ non ci sarei venuta se m’avesser detto che io era presa per questo, per fare un dispetto a un’altra, e poi alla Baciozza, a quella vecchiaccia. Ma ora me ne vado, chè già il gallo ha cantato la terza volta.
Carmide. Non andar sì di fretta, o Trifena. Se è vero ciò che dici della Baciozza, e della parrucca, e che si tinge, e che ha le impetigini, i’ non potrei più guardarla in faccia.
Trifena. Dimandane tua madre, se mai s’è lavata con lei: degli anni poi, te ne parlerà anche tuo nonno, se è vivo ancora.
Carmide. Dunque giacchè ella è così fatta, leviam questo muro di mezzo a noi, abbracciamoci, baciamoci, facciamo davvero; e la Baciozza vada alla malora.
12.
Violetta,2 Pitia e Lisia.
Violetta. E mi maltratti, o Lisia! Ben mi sta, perchè io non t’ho chiesto mai danari, non t’ho tenuto mai la porta, dicendoti, un altro è dentro; non t’ho costretto mai ad ingannar tuo padre, o rubare tua madre, e portarlo a me, come fanno le altre; ma subito fin da prima t’ho ammesso in casa senza voler mai nulla, mai. Tu li sai quanti innamorati io ho licenziati: Etocle che ora è de’ Pritani, Pasione il pa-