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dialoghi delle cortigiane. 183


Musetta. Eh? doveva lasciar Cherea, e ricevere quel villano che puzzava di caprone? Vuoi mettere il pesce col porco, Cherea mio con quell’Acarnese?

La Madre. E sia pure che colui puzzava del salvatico: ma e Antifonte di Menecrate che prometteva una mina, perchè non lo ricevesti? Non è egli bello, e gentile, e dell’età di Cherea?

Musetta. Ma Cherea mi minacciò che ci avria scannati tuttadue, se m’avesse colta con lui.

La Madre. Oh, quanti altri le fanno queste minacce! Perciò dunque rimarrai senza amatori, e ti terrai casta, non come cortigiana, ma come una sacerdotessa di Cerere? Ma via, a proposito: oggi è la festa di Cerere: che t’ha dato egli?

Musetta. Non ha niente, o mamma.

La Madre. Solo costui non ha trovato l’arte di cavar danari dal padre, d’indettare un servo per ingannarlo, di chiederli alla mamma minacciando di andare a farsi soldato se non gliene dà: ma si sta a smungere noi poverette, e non ci dà egli, nè ci fa dare da altri. E credi, o Musetta, che tu sarai sempre di diciotto anni; e che Cherea penserà anche così quando sarà ricco, e la madre gli avrà trovato un partito di molti talenti? Credi che si ricorderà più delle lagrime, de’ baci, de’ giuramenti, vedendo un cinque talenti di dote? Musetta. Se ne ricorderà, sì: e n’è prova che testè non s’è ammogliato, mentre lo costringevano, lo sforzavano, ed egli no.

La Madre. Vorrei ch’ei non t’avesse detto una bugia. Ma io te lo ricorderò allora, o Musetta.

8.

Vitina e Biondina.


Vitina. Chi non è geloso, o Biondina mia, chi non va in furie, chi non t’ha dato mai uno schiaffo, non t’ha tagliato i capelli, non t’ha stracciate le vesti, ei non è ancora innamorato egli.