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256 | le immagini. |
Omero che è principe dei pittori. Di quel colore che egli ricoprì l’anca di Menelao, assomigliandola ad avorio tinto di porpora, di quello sia tutta la carnagione. Egli faccia il disegno degli occhi grandi e bovini: ma il tebano poeta lo aiuti a colorir le palpebre screziandole di viola. Omero ancora le dia il facile sorriso, le candide braccia, le rosee dita, e all’aurea Venere assomigli costei più giustamente che la figliuola di Briseo. E questa sarà l’opera degli scultori, de’ dipintori, dei poeti. Ma la grazia che dà vita a tutto questo, anzi le grazie tutte e gli amori che le svolazzano intorno, chi potrebbe mai ritrarteli?
Polistrato. Tu mi parli di cosa divina, o Licino: costeiper fermo è discesa da Giove, e nata in cielo. E che faceva ella quando la vedesti?
Licino. Teneva in mano un libro spiegato, e pareva d’averne già letta una parte. Mentre camminava ragionava con uno di quelli che l’accompagnavano di non so che cosa, perchè non s’udiva parlare; ma sorridendo mostrava certi denti.... che posso dirti, o Polistrato, come erano bianchi, ed eguali, e commessi fra loro? Se mai vedesti bellissima collana di lucentissime perle, e d’una medesima grandezza, così erano in due filze, e più spiccavano pel vermiglio delle labbra: dentro le quali parevano, come dice Omero, d’avorio segato: non grandi, non isporgenti, non larghi come l’hanno alcune, ma tutti uguali, d’un colore, d’una grandezza, d’una distanza fra loro: mirabilissima cosa a vedersi, eccedevano ogni umana bellezza.
Polistrato. Sta’ cheto. Ora capisco bene chi è costei: la riconosco a ciò che me ne dici, ed alla patria. M’hai detto che aveva un seguito di eunuchi.
Licino. Sì, e di soldati ancora.
Polistrato. Dunque, amico mio, tu parli della donna dell’imperatore: la è tanto famosa!
Licino. E come si chiama?
Polistrato. Anche il nome, o Licino, è dolce ed amabile. Ha lo stesso nome della bella moglie di Abradate.1 Ti ricorda,