le ecatombe. Presso la città scorre un fiume di bellissimo unguento, largo cento cubiti reali, e profondo che vi si può anche nuotare. I loro bagni sono edifizi grandi, tutti di vetro; vi bruciano cannella e invece di acqua nelle stufe è rugiada calda. Per le vesti usano ragnateli sottilissimi porporini. Non hanno corpi, sono impalpabili, e senza carne, non altro che figure ed idee; e quantunque incorporei pure stanno, si muovono, pensano, parlano: insomma pare che l’anima nuda vada intorno vestita d’una certa immagine di corpo: e se uno non li toccasse, non si convincerebbe che ciò che ei vede non è corpo: sono ombre, ma ritte in piè, e non son nere. Nessuno v’invecchia, ma in quell’età che ci viene rimane. Quindi non è nè notte nè giorno chiaro, ma un barlume simile all’albore mattutino prima che spunti il sole. Non conoscono stagioni, vi è sempre primavera, e vi spira un solo vento, il zefiro. Il paese produce tutti i fiori, tutti gli alberi domestici ed ombrosi: la vite getta dodici volte l’anno, fa il frutto ogni mese: il melogranato, il melo, e gli altri alberi fruttiferi portano tredici volte, come mi dissero; chè in un mese, chiamato di Minosse, fanno due volte il frutto. Invece di frumento le spighe in cima producono cialdoni belli e fatti, come fossero funghi. Fontane intorno alla città ce ne sono trecentosessantacinque di acqua, di mèle altrettante, di unguento cinquecento ma più piccole; sette fiumi di latte, ed otto di vino. Il banchetto si fa fuori la città nel campo detto Elisio: v’è un prato bellissimo, e intorno ad esso un bosco svariato, frondoso, di piacevole ombra a chi vi sta sdraiato, e sotto un tappeto di fiori. Valletti e scalchi sono i venti: non v’è bisogno coppieri, perchè intorno al banchetto sono grandi alberi di lucentissimo vetro, i quali per frutti producono tazze d’ogni fatta, e grandezza. Quando uno viene al banchetto coglie una o due di quelle tazze, e se le mette innanzi e quelle subito da sè medesime si riempiono di vino: così bevono. Invece di ghirlande i rosignuoli e gli altri uccelli melodiosi dal vicino prato raccolgono i fiori nel becco, e ne spargono un nembo sovr’essi cantando e volando. Gli unguenti sono sparsi così: certe nuvolette dense tirano unguento dalle fonti e dal fiume, e librate sul banchetto, mosse leggermente dai venti, piovono una spruzzaglia fina come rugiada.