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intorno la vita e le opere di luciano. |
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Sofrone e da Senarco, che fiorivano verso i tempi di Euripide, erano piacevoli imitazioni della vita. Rappresentavano dialogizzando una piccola azione: quale di essi il maschile, quale il femminile costume; alcuni serii, altri giocosi, tutti con una graziosa, con una maravigliosa naturalezza di stile, che era il linguaggio abitualmente proprio delle persone introdotte a parlare. Platone ne faceva le sue care delizie; l’ateniese Apollodoro li cementò: ma se fossero scritti in verso in prosa non è ben risoluto tra i filologi. Credono alcuni che fosse una prosa partecipe del ritmo poetico, come gl’idillii di Gesner, e certamente erano pubblicamente rappresentati.» (Centofanti, Discorso su la letteratura greca.) Tra le opere di Luciano ci ha quattro raccolte di questi dialoghetti, che corrispondono a quattro concetti principali: i dialoghi degli Dei sono satira religiosa; i dialoghi marini sono rappresentazioni di arte; i dialoghi dei morti sono satira filosofica; i dialoghi delle cortigiane sono imitazione d’un costume, e più simili ai mimi. Un’idea breve ma lucida e brillante, un pensiero arguto, un capriccio, e talora un motto, un’immaginetta sì viva che un pittore potrebbe ritrarla, un moto d’affetto, una fantasia, una piacevolezza è espressa in ognuno di questi dialoghetti: taluno dei quali è uno schizzo d’un’opera maggiore; come il dialoghetto tra Minosse e Sostrato contiene un pensiero che è stato largamente trattato nel Giove confutato. Io credo ancora che i mimi siciliani non erano cosi brevi, e che Luciano li raccorciò e fece questi, come raccorciò la commedia di Aristofane e fece il suo dialogo: e forse il Giudizio di Paride, ed il Caronte sono lunghi quanto i Mimi. Luciano usò questi dialoghetti invece dell’epigramma comune e gradito al secolo molle, e invece di tante altre forme nane e sconce usate dagli Alessan-