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intorno la vita e le opere di luciano. 67

è particolare, ma in piena armonia con la vita ateniese, e però vivo di bellezza e di poesia. Nella Vendita il concetto è generale: si deride tutta la filosofia nelle sue varie forme, si espone la dottrina di ciascuna setta, e se ne beffa la parte esterna e ridicola. E perchè il concetto è generale, la sua rappresentazione non è nella vita reale, come quello d’Aristofane, ma nella immaginazione. Giove vende i filosofi non vivi ma morti, non persone ma vite, non realtà ma astrazioni, non idee ma sistemi: i compratori non hanno nomi perchè sono l’umanità, e Dione rappresenta un fatto non una persona:1 la filosofia non è cosa nociva, non produce tristi effetti nel costume, ma è cosa inutile, perchè non più creduta da nessuno: i filosofi sono stimati a prezzo, e sono comperati o per curiosità, o per adoperarli a qualche mestiere come a guardar l’orto, o a voltar la mola del mulino. Questa rappresentazione è nel vuoto, non ha scena, è isolata ed astratta, e però non ha la bellezza poetica della commedia. La vita greca aveva perduta sua armonia, e gli uomini se volevano vagheggiar la bellezza, dovevano cercarla in una immaginazione.

XXXV. A voler vivere in questo mondo bisogna pur credere in qualche cosa: e Luciano, come greco, credeva nell’arte, della quale non rise mai: solamente si scagliò contro coloro che la guastavano e l’avvilivano: e se fu acerbo contro di questi, non è a maravigliarsene, perchè gli guastavano la cosa che egli più amava ed aveva unicamente cara. Il concetto che egli aveva dell’arte non lo troviamo espresso direttamente in un’opera, come troviamo il concetto antireligioso nel Giove confutato, e l’antifilosofico nell’Ermotimo e nella Vendita; ma accennato, e indirettamente, nelle opere

  1. Vedi Capo III, § 67, dove si esamina particolarmente la Vendita.