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38 intorno la vita e le opere di luciano.

filosofo. La più nobile delle scienze era diventata un mestiere; ed ogni ciarlatano, ogni tristo, ogni dappoco l’esercitava; e ne faceva mercato nelle vie, nelle piazze, nei bagni, ai conviti dei grandi, nelle aule imperatorie. Spento il vero sapere, le forze dell’ingegno, che erano vive e dovevano operare, si volsero alla ciarlataneria: e i Greci che avevano ingegno pronto e rigoglioso, ed erano facili parlatori, seppero fare mirabilmente quest’arte, e furono astrologi, maghi, indovini, impostori celebratissimi. Ingannatori ed ingannati insieme essi dominavano su le deboli intelligenze dei Romani, governarono l’animo sospettoso di Tiberio, animarono Nerone e Otone a prender l’impero, persuasero a Vespasiano che aveva la virtù di risanare gli storpi, rimescolarono a posta loro il credulo animo di Adriano. La virtù dell’intelligenza non si volgeva a contemplare la verità, ma a disputare di argomenti sciocchi e vuoti, a vincere l’avversario, a sorprendere tutti con furberie divinatorie: e così si preparavano le dispute teologiche del secolo seguente. Se gli uomini giudiziosi avevano qualche ragione di non credere in quella filosofia, avevano tutte le ragioni del mondo a vituperare e sprezzare quei filosofi. Si può dire che il saper vero di quel secolo era negativo, era non altro che conoscere la falsità di quei prosuntuosi saccenti.

XXII. Le arti non erano in miglior punto. Nella generale dissoluzione del sapere, della religione, e dei costumi l’idea della bellezza si era disciolta anch’essa, non appariva più presente e viva, ma era lontana e morta: quindi non più creazioni, ma imitazioni delle opere antiche, sposizioni, critiche, cementi, vocabolari, precetti, ed altri lavori letterarii, non di arte. Ma possiamo noi dire veramente che bellezza non v’era affatto, e che nessuna anima ne sentiva neppure un rag-