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una vendita di vite all’incanto. 363


Mercurio. Venite in mezzo tuttaddue. Vendo un paio di vite inestimabili, un paio di sapienti perfetti.

Compratore. O Giove! che contrasto! Questi non finisce di ridere, e quegli par che pianga qualcuno. Oh, ei piange davvero. E tu, che vuol dir questo? Perchè ridi?

Democrito. Mel dimandi? perchè mi par tutto ridicolo, le opere vostre, e voi stessi.

Compratore. Come dici? Ti ridi di tutti noi, e tieni per niente le opere nostre?

Democrito. Così è: non c’è niente di serio in esse: tutto è vuoto, concorso di atomi, immensità.

Compratore. Vuoto se’ tu, e immensamente sciocco. Oh, mi dài la baia, e non cessi di ridere? E tu perchè piangi, o caro? Credo che con te potrò parlare.

Eraclito. O forestiero, io credo che tutte le cose umane sono triste e deplorabili, e tutte sono soggette alla morte: però sento pietà di voi, e piango. Il presente non mi par bello; il futuro mi scuora assai, e vi dico che il mondo anderà in fiamme ed in rovine. Io piango che niente è stabile, tutto si rimescola e si confonde: il piacere diventa dispiacere; la scienza, ignoranza; la grandezza, piccolezza; tutto va sossopra, e gira, e cangia nel giuoco del secolo.1

Compratore. E che cosa è il secolo?

Eraclito. Un fanciullo che scherza, che giuoca a dama, che va all’impazzata.

Compratore. E che cosa son gli uomini?

Eraclito. Dei mortali.

Compratore. E gli Dei?

Eraclito. Uomini immortali.

Compratore. Tu parli con enigmi ed indovinelli: pari l’oracolo, t’abbindoli, e non dici niente.

Eraclito. I’ non mi curo di voi.

Compratore. E nessun uomo di senno ti compererà.

Eraclito. Ed io vi dico, piangete tutti come fanciulli, compratori e non compratori.

  1. Eraclito credeva il tempo finito, e lo chiamava Aίών, secolo. Egli poi parlava molto scuro, e lo chiamavano il tenebroso.