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362 una vendita di vite all’incanto.

un fabbro, un gabelliere, tu diventerai un uom d’assai se ti mostri audace ed impudente, e sai insultare bravamente.

Compratore. Va’, non ho bisogno di te: ma forse potresti fare il navalestro, o talvolta l’ortolano. Se ti voglion rilasciare al più per due oboli....

Mercurio. Prendilo: ce ne sbrigherem con piacere: costui strilla, insulta, sermoneggia, mette scompiglio in tutti, ed ha il fistolo in corpo.

Giove. Chiama un altro, quel di Cirene, quell’ornato di porpora e di corone.

Mercurio. Zitti, attenti tutti: questo è fior di roba, e ci vuole un ricco a comperarlo. Questa è vita dolcissima, è vita beatissima. Chi desidera la delicatezza? chi compera tutte le morbidezze?

Compratore. Fàtti qui, e dimmi che sai fare, chè ti compererò io, se sei da qualche cosa.

Mercurio. Non molestarlo, o buon uomo, non dimandarlo: è ubbriaco, e non ti risponderebbe, chè, come vedi, la lingua gli casca fuori.

Compratore. E qual uomo di senno vorria comperare uno schiavo sì fradicio e rotto? come odora d’unguenti! come balena, e tentenna sù le gambe. Dimmi tu, o Mercurio, l’abilità sua, ed in che è versato.

Mercurio. È buon compagnone, trincatore valente, balla a suon di flauto nei conviti; e varria tant’oro per un padrone perduto d’amori e di lascivie: e poi sa la scienza dei savori e delle delicature, l’arte di fare i dolci migliori, ed è il più compiuto maestro delle voluttà. Allevato in Atene, fu servo de’ tiranni in Sicilia, ai quali piacque assai. Il principio della sua setta è sprezzare tutto, godere di tutto, raccoglier la voluttà da ogni cosa.

Compratore. Adocchia qualcuno di questi ricchi e sfarzosi, chè non fa per me comperare una vita voluttuosa.

Mercurio. Pare, o Giove, che costui non abbia compratori, e rimane a noi.

Giove. Menalo dentro, e fa che esca un altro: no, è meglio quei due, quel baione di Abdera, e quel piagnone d’Efeso. Gli voglio vendere a paio.