Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
dialoghi dei morti. | 325 |
Aiace. No: ma di Ulisse: egli solo stette contro di me.
Agamennone. È perdonabile, o Aiace, era uomo, ed amava la gloria, cosa dolcissima, e per la quale ciascuno di noi ha durate tante fatiche; e poi ti superò, ed innanzi ai Troiani che vi giudicarono.
Aiace. Ricordo chi giudicò contro di me: ma non bisogna sparlar degli Dei. Rappattumarmi con Ulisse, no, o Agamennone, non potrei mai; neppure se me lo comandasse la stessa Minerva.
30.
Minosse e Sostrato.
Minosse. Questo ladro Sostrato sia gettato nel fuoco di Flegetonte; il sacrilego sia squartato dalla chimera, ed il tiranno, o Mercurio, sia disteso vicino a Tizio, ed abbia anch’egli il fegato sbranato dagli avoltoi. Voi, o buoni, andate tosto nel prato dell’Eliso nell’isole dei beati, perchè avete operato il giusto nella vita vostra.
Sostrato. Odi, o Minosse, se è giusto quel che voglio dire.
Minosse. Udirti anche di più? E non sei stato convinto, o Sostrato, che tu sei uno scellerato e un gran micidiale?
Sostrato. Sono stato convinto, sì: ma vedi se sarò punito giustamente.
Minosse. Stà a vedere non sarà giusto pagarne il fio.
Sostrato. Ma rispondimi, o Minosse, ad una breve domanda.
Minosse. Di’ pure, ma breve; chè debbo giudicar altri.
Sostrato. Quel che ho fatto nella vita mia, l’ho fatto da me, o per destinato della Parca?
Minosse. Certamente per destinato della Parca.
Sostrato. Dunque tutti i buoni, e noi altri tenuti malvagi, serviamo a lei quando operiamo.
Minosse. Sì, a Cloto; la quale stabilì a ciascuno che è nato quello che deve fare.