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dialoghi dei morti. 311

un Dio ci mena dove egli vuole, ed è impossibile contrastargli.

Protesilao. Dici bene. Oh! se fosse qui Amore per pigliarmela con lui.

Eaco. Ti risponderò io per Amore una cosa giusta. Egli dirà, che dell’amor di Paride forse fu egli cagione, ma della morte tua n’avesti colpa tu stesso, o Protesilao, il quale dimenticando la tua novella sposa, quando arrivaste alla Troade, ti gettasti nel primo sbaraglio per vaghezza di acquistar gloria, e però moristi il primo nello sbarcare.

Protesilao. E ti risponderò io per me una cosa anche più giusta, o Eaco. Di questo non ho colpa io, ma il fato, che da prima aveva così stabilito.

Eaco. Or bene: e perchè te la pigli con costoro?


20.

Menippo, Ecco ed alcuni filosofi.


Menippo. Deh, per Plutone, dimostrami, o Eaco, tutte le cose dell’inferno.

Eaco. Tutte, è difficile, o Menippo: ma le principali eccole. Questo è Cerbero, ed il sai. Il nocchiero che ti tragittò, il palude, Piriflegetonte, l’hai veduti quando sei entrato.

Menippo. So questo cose: ho veduto te, che se’ portinaio, ho veduto il re, e le Erini, ma additami gli uomini antichi, specialmente i più illustri.

Eaco. Ecco: questi è Agamennone, questi Achille, quest’altro vicino è Idomeneo, poi Ulisse, appresso Aiace, e Diomede, e tutto il fiore dei Greci.

Menippo. Capperi, o Omero, quanti di questi fiori de’ tuoi poemi sono già sfiorati, appassiti, gettati, spregiati, e non rendono più odor di vero al naso di nessuno!1 E questi, o Eaco, chi è?

  1. Nel testo è un certo bisticcio, che non avria avuto nè senso nè grazia tradotto in italiano a parola: onde io ho detta la stessa cosa con altra immagine: e credo di non aver fatto male.