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dialoghi dei morti. | 309 |
in Lidia; quello poteva aver fame e sete: saresti tu uno spirito affamato ed assetato?
Tantalo. E in questo sta il tormento, che lo spirito ha sete come fosse corpo.
Menippo. Io lo crederò perchè lo dici tu che sei punito con la sete. Ma che hai tu a temere? forse di morire per manco di bevanda? Io non so che ci sia un altro inferno, nè che qui si muoia e si vada altrove.
Tantalo. Tu dici bene: ma questo è parte della pena, desiderar bere senza averne bisogno.
Menippo. Tu se’ matto, o Tantalo; e par che davvero hai bisogno di bere una buona dose d’elleboro; chè patisci il contrario dei morsicati dai cani arrabbiati; non temi l’acqua ma la sete.
Tantalo. Neppure l’elleboro i’ rifiuterei bere, o Menippo, purchè l’avessi.
Menippo. Stà certo, o Tantalo, che nè tu nè alcuno de’ morti beve, perchè è impossibile: eppure non tutti, come te, sono condannati ad aver sete dell’acqua che sfugge da loro.
18.
Menippo e Mercurio.
Menippo. Dove sono i belli e le belle, o Mercurio. Menami a loro, ch’io ci son nuovo qui.
Mercurio. I’ non ho tempo, o Menippo: ma riguarda costà a destra, che v’è Jacinto, Narcisso, Nireo, Achille, e Tiro, ed Elena, e Leda, e insomma tutte le bellezze antiche.
Menippo. Io vedo solo ossa e cranii scarnati, quasi tutti simiglianti fra loro.
Mercurio. Ed ecco quello di che tutti i poeti cantano le maraviglie, le ossa, che tu mostri di spregiare.
Menippo. Almeno additami Elena: chè da me non la potrei discernere.
Mercurio. Questo cranio è Elena.