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dialoghi dei morti. 305

còlti, far quelle nozze, spasimar tanto per Efestione. Una cosa lodai, quando l’udii, che rispettasti la moglie di Dario, la quale era bella, ed avesti cura della madre di lui, e delle figliuole: questo fu da re.

Alessandro. E non lodi, o padre, lo spregiar pericoli, e il saltar primo entro le mura degli Ossidrachi, e il ricever tante ferite?

Filippo. Non lodo questo, o Alessandro, non perchè io non creda bello per un re l’esser ferito talvolta, e combattere in prima linea, ma perchè questo a te non conveniva affatto. Tu che volevi parer dio, quando eri ferito, e ti vedevano portar fuori della pugna tutto insanguinato e dolente per la ferita, facevi rider la gente, e rimaner bugiardo Ammone ed i suoi profeti. Oh, chi non avria riso, a vedere il figliuolo di Giove patire uno sfinimento, ed aver bisogno dell’aiuto de’ medici? Ed ora che tu se’ morto, non pensi che molti ti beffano di quella tua finzione, vedendo il cadavere d’un dio steso nel cataletto, più fetente ed enfiato dei corpi di tutti gli altri? E da altra parte questo che tu, o Alessandro, dicevi utile a farti vincere facilmente, toglieva molto di gloria alle tue imprese: perchè ogni cosa pareva poca, quando pareva fatta da un dio.

Alessandro. Gli uomini non la pensan così di me, ma mi fanno emulo di Bacco e di Ercole. Eppure quell’Aorno1 che non fu preso da nessuno di questi due, io solo superai.

Filippo. Ve’ che parli come figliuolo d’Ammone, pareggiandoti ad Ercole e a Bacco? E non ti vergogni, o Alessandro? e non la smetti cotesta boria? non riconosci te stesso, e vedi che ora sei un’ombra?


15.

Achille ed Antiloco.


Antiloco. Che hai detto testé ad Ulisse intorno alla morte, o Achille; che parole ignobili ed indegne dell’uno e l’altro

  1. Aorno. Q. Curzio parla dell’Aorno, ròcca altissima delle Indie. Nel dialogo l’Ermotimo si fa un’altra volta parola di questo Aorno.