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302 dialoghi dei morti.


Scipione. Che io son minore di Alessandro, ma maggiore di Annibale, perchè io lo vinsi e lo costrinsi a fuggir vergognosamente. Come dunque costui non si vergogna di venire al paragone con Alessandro, al quale neppur io Scipione, che ho vinto lui, ardisco di paragonarmi?

Minosse. Tu parli con senno, o Scipione. Io giudico che Alessandro sia primo, tu dopo di lui, e, se vi pare, sia terzo Annibale, chè infine non è da spregiare.


13.

Diogene ed Alessandro.


Diogene. Come va, o Alessandro? sei morto anche tu, come tutti noi?

Alessandro. Tu il vedi, o Diogene: ma che maraviglia, s’ero uomo e son morto?

Diogene. Dunque Ammone era un bugiardo, dicendo che tu eri figliuol suo, e tu eri di Filippo.

Alessandro. Di Filippo certamente: non sarei morto, se fossi stato di Ammone.

Diogene. Ed eran bugie quelle che si contavan di Olimpia, che ella si giacque con un dragone, e che le fu veduto nel letto, e che così nascesti tu; e che il povero Filippo s’ingannava a credere che egli ti era padre.

Alessandro. Dicevano, ed anch’io l’udii, come tu: ma ora vedo che non parlavan da senno nè mia madre, nè i profeti di Ammone.

Diogene. Ma quelle loro bugie valsero assai pe’ fatti tuoi, o Alessandro: chè molti si sottomisero a te credendoti un Dio. Ma dimmi, quel tuo grande impero a chi l’hai lasciato?

Alessandro. Non so, o Diogene, chè non pensai a provvedervi: solamente so che morendo diedi l’anello a Perdicca. Ma tu perchè ridi, o Diogene?

Diogene. Perchè mi ricorda quante adulazioni ti fece la Grecia quando tu salisti sul trono, che ti elessero protettore e